Non c’è manuale o corso di scrittura che non abbia un capitolo o una lezione dedicata alla caratterizzazione del personaggio. Argomento che di solito viene trattato con una scheda su aspetto fisico, abbigliamento, abitudini, tic, ossessioni… e/o con alcune domande che dovrebbero portare a conoscere il passato, le fragilità, i desideri del o dei protagonisti della storia.
Niente da eccepire su schemi e domande, sono ottimi alleati, soprattutto se non vengono utilizzati in modo meccanico. Un personaggio con una sua complessità, infatti, è ben più dell’insieme delle sue parti. Gli esempi non mancano, basti guardare alla letteratura classica, moderna, contemporanea…
Il protagonista de Il cardellino
Mi soffermo sul protagonista de Il cardellino di Donna Tartt, libro che nel 2014 vinse il Premio Pulitzer per la narrativa. Si tratta di Theo Decker, un tredicenne che sopravvive a un attentato terroristico e resta solo al mondo. (Queste informazioni si possono recuperare da una veloce scorsa alla quarta di copertina, dunque fin qui niente spoiler in agguato).
Dopo l’attentato il giovane Theo ha a che fare, suo malgrado, con una serie di adulti che si sarebbe volentieri risparmiato: gli assistenti sociali, la famiglia affidataria, gli investigatori che indagano sulla strage… Un sacco di persone che gli fanno un sacco di domande a cui non sa o non vuole rispondere. Fino a che incontra Hobie, un uomo che, come lui, ha perso qualcuno di importante nell’attentato.
I due si incontrano, si conoscono e Hobie prepara qualcosa da mangiare per Theo. Nel frattempo, parlano.
Mentre mangiavo, Hobie si sedette dall’altra parte del tavolo col mento tra le grosse mani bianche. «Per cosa sei portato?» chiese all’improvviso. «Lo sport?»
«Scusi?»
«Cos’è che ti interessa? Quale tipo di giochi e roba del genere?»
«Be’… mi piacciono i videogiochi. Age of Conquest o Yakuza Freakout, ha presente?»
Si limitò a cambiare discorso. «E che mi dici della scuola? Materie preferite?»
«Storia, forse. E Lettere» risposi. «Ma Lettere sarà una pizza nelle prossime sei settimane… abbiamo smesso con la letteratura e abbiamo ripreso la grammatica, stiamo facendo i diagrammi ad albero.»
«Hai detto letteratura? Inglese o americana?»
«Americana, per ora. Cioè, fino a poco tempo fa. Facciamo anche Storia americana, quest’anno. Anche se ultimamente è piuttosto noiosa. Abbiamo finito la Grande depressione, ma tornerà interessante quando arriveremo alla Seconda guerra mondiale.
Un adulto e un ragazzino che conversano di scuola, come accade spesso anche nel mondo reale. Solo che nel mondo di Theo, dopo l’attentato, quella che può sembrare una normale conversazione sulla scuola non esiste più. Le domande sulle materie preferite, sui giochi, su quello che per lui è importante sono state spazzate via dall’esplosione. Theo se ne rende conto soprattutto durante questo assaggio di normalità. La narrazione prosegue così:
Era la conversazione più piacevole che avessi avuto da un pezzo. Mi fece moltissime domande, su cosa avevo letto durante il corso di Letteratura e sulla differenza tra le medie e le elementari; mi chiese qual era la materia in cui zoppicavo di più (Spagnolo) e anche qual era il mio periodo storico preferito (non ne ero sicuro, tutto tranne Eugene Debs e la storia dei sindacati, su cui ci eravamo soffermati decisamente troppo), e poi mi chiese cos’avrei voluto fare da grande (non ne avevo idea). Niente di speciale, però era bello conversare con un adulto che sembrava interessato a me a prescindere dalla mia disgrazia, che non era a caccia di informazioni e non dava l’impressione di seguire una lista di Cose da Dire a un Ragazzo Turbato.
Il protagonista trae beneficio da quella conversazione: per la prima volta dalla morte della mamma vive un momento di serenità domestica, davanti a un piatto di uova strapazzate e ai racconti della giornata appena trascorsa. Sta proprio qui l’importanza di questa pagina: rende noi lettori partecipi di una normalità perduta e ci mostra quanto sia vitale per Theo – che dopo l’incontro con Hobie, il suo pasto casereccio e il suo interesse sincero, riprenderà a mangiare.
Se le pagine che raccontano l’interrogatorio con gli investigatori portano avanti la trama, queste righe affondano nel vissuto del ragazzo. Non conosciamo la quotidianità tra lui e sua madre ma, grazie a una scena così semplice, quotidiana e familiare – con Hobie, ovvero un perfetto estraneo – possiamo immaginare come si senta Theo.
Flashback, fatal flaw e caratterizzazione
Si dice spesso che per far conoscere ai lettori il o la protagonista della propria storia può essere utile raccontare un episodio del passato e/o mostrare il suo fatal flaw, ovvero ciò che lo tiene ancorato a un’epoca che non esiste più e che lo rende vulnerabile (in una situazione di cambiamento).
In questo caso Donna Tartt mostra un aspetto importante del passato di Theo senza bisogno di ricordi o spiegazioni ma con un incontro che avviene nel corso degli eventi. Hobie permette a Theo di ricontattare il calore di casa pur essendo lontano da casa.
Noi lettori impariamo qualcosa del presente e del passato del protagonista.
Chi scrive può prendere spunto per la propria storia e per un’alternativa al solito flashback.
Noi tutti, lettori e scrittori, possiamo prendere spunto da Hobie e portare nel mondo reale l’ascolto sincero che ha nei confronti di Theo. Ce n’è un gran bisogno, non solo tra i personaggi di fiction.
Per chi volesse approfondire: un’intervista a Donna Tartt, in inglese. Un articolo sulla riscrittura, in questo sito.