C’è chi sostiene che il brand sia una religione – e di solito porta l’esempio di Apple. Si può dire il contrario? Secondo la narrazione che Paolo Sorrentino fa del Vaticano e del Papa, decisamente sì. Tanto che uno dei personaggi di The Young Pope e del seguito The New Pope è Sofia Dubois, la responsabile del marketing e della comunicazione del Vaticano.
Se Dubois rappresenta la tipica persona di marketing – propone servizi fotografici, merchandising, esposizione massima del bel Pontefice per massimizzare i profitti della sua immagine – Pio XIII interpretato da Jude Law non la pensa allo stesso modo.
Pio XIII: – Allora, mi dica, chi è lo scrittore più importante degli ultimi 20 anni? Attenta, però: non il più bravo. La bravura è degli arroganti. Il più… importante. L’autore che ha destato una curiosità così morbosa da diventare il più importante.
SD: – Non saprei… direi… Philip Roth?
Pio XIII: – No. Salinger. Il più importante regista cinematografico?
SD: – Spielberg!
Pio XIII: – No. Kubric. L’artista contemporaneo?
SD: – Jeff Koons o Marina Abramovič!
Pio XIII: – Banksy. Il gruppo di musica elettronica?
SD: – Ah, non so assolutamente niente di musica elettronica…
Pio XIII: – E dice che Harvard è una buona università… Comunque, i Daft Punk.
Voiello: – E invece, la più grande cantante italiana?
SD: – Mina?
Pio XIII: – Ah, brava! Adesso: lei sa qual è l’invisibile filo rosso che le unisce tutte, queste figure che sono le più importanti nei loro rispettivi campi? Nessuno di loro si fa vedere. Nessuno di loro si lascia fotografare.
SD: – Ma, lei non è un artista, Santo Padre. Lei è un capo di Stato.
Pio XIII: – Sì, di uno Stato talmente piccolo che non ha nemmeno uno sbocco sul mare. E che per riuscire a sopravvivere ha bisogno che la sua guida si renda irraggiungibile come una rockstar. Il Vaticano sopravvive grazie alle iperboli, quindi noi, noi dobbiamo generare l’iperbole. Ma questa volta, rovesciata.
SD: – Comincio a intuire dove vuole arrivare, Santo Padre. Sì. E non solo comincio a intuirlo. Ma comincia anche a piacermi.
Pio XIII: – Bene. Molto bene.
Tempi che cambiano e stanchezza social
Rivedere e rileggere questo dialogo oggi, a otto anni dall’uscita della serie, fa pensare alla stanchezza che pervade i social e il rapporto, logoro, che il pubblico ha con molti brand.
L’instant marketing non è più una novità. Il brand activism è più spesso brand washing che altro. Gli influencer, per qualche anno sono stati considerati la panacea di tutti i mali, ora scontano la pena del contrappasso.
I social stessi stanno stancando ed è cambiato il nostro rapporto con loro.
Come salvarsi da questa débâcle? Il consiglio di Pio XIII sarebbe da prendere in seria considerazione. Soprattutto perché non è un invito alla clausura social ma un incitamento a usare la propria esposizione con strategia. Nel corso della serie tv, infatti, il Santo Padre brandirà il valore della propria immagine – un valore altissimo perché ancora non sfruttato – come moneta di scambio.
Vale anche per i contenuti: postare sempre, per presidiare il territorio ribadendo gli stessi concetti – o il nulla – più e più volte o scrivere quando si ha qualcosa da dire?
Mi imbatto periodicamente in influencer e top voice (gli influencer di LinkedIn) che predicano il valore del silenzio social e del postare consapevole. Peccato che la predica arrivi da chi razzola malissimo: se per predicare il silenzio social fai 200 interventi in 2 giorni, allora forse c’è un problema di coerenza.
Varrebbe anche per il famigerato ‘equilibrio vita – lavoro’: se passi tutto il tempo a documentare e condividere momenti della tua cosiddetta vita privata, del tuo cosiddetto tempo libero, allora forse quei momenti non sono più né privati né liberi.
Insomma, quello di di Pio XIII potrebbe essere non solo un consiglio ma una profezia. Non c’è da stupirsi: stiamo parlando di un personaggio che come spin doctor, più che Sofia Dubois, ha lo Spirito Santo.