“Mi è venuta in mente una storia” – questo può capitare più o meno a tutti.
“Ho iniziato a scriverla” – il gruppo si restringe.
“L’ho finita” – sono ancor meno le persone che resistono alla mancanza di tempo, alla stanchezza, ai periodi con poche idee e tanti impegni, alla voglia di passare una giornata al mare o in montagna, ovunque anziché davanti al pc.
“La mia storia l’ho finita, riletta e riscritta, magari più volte” – questi si possono contare sulle dita di una mano.
Ma esistono. Hanno il manoscritto salvato in più versioni sul desktop, la sensazione di aver compiuto un’impresa e poche certezze sui prossimi passi da compiere – perché il romanzo o la raccolta di racconti non si pubblicherà da solo.
Come sempre, non c’è un unico modo per far conoscere la propria storia.
C’è chi partecipa a concorsi letterari, chi si iscrive a corsi di scrittura per poter entrare in contatto con gli addetti ai lavori, chi richiede una scheda di lettura alle agenzie letterarie che offrono il servizio.
C’è chi si rivolge all’editoria a pagamento – l’autopubblicazione fu la strada che scelsero Walt Whitman, per la prima edizione di Foglie d’erba, un giovanissimo Albero Moravia per Gli indifferenti così come Italo Svevo per l’esordio Una vita e il successivo Senilità. Giusto per fare qualche esempio.
Poi c’è chi frequenta le riviste letterarie: le legge e scrive racconti che invia alle redazioni.
È un ottimo modo per “entrare in contatto con una società letteraria“, come scrive Vanni Santoni nel suo La scrittura non si insegna, minimum fax. È anche un modo per mettersi in gioco e, quando le proprie storie vengono accettate, per farsi conoscere. Le riviste, infatti, vengono lette tanto dagli appassionati di narrazione quanto dagli editori alla ricerca di talenti.
Riporto una minima parte dell’elenco di riviste indicate da Vanni Santoni. Mi limito a pochi nomi di riviste perché vale la pena leggere il libro per intero. Oltre ai titoli delle riviste contiene tantissimi consigli di lettura, indispensabili per chi vuole scrivere bene. La prima (e seconda, e terza) regola per scrivere bene, non lo si ripeterà mai abbastanza, è leggere: tanto e bene.
Ma su quali riviste devo scrivere?
Premesso che una rivista puoi pure fondarla assieme a un paio di amici, questa domanda non va bene – anzi, considerando che siamo a fine libro, mi addolora – perché se vuoi scrivere seriamente dovresti già conoscere a menadito le riviste esistenti. Mentre sto scrivendo mi vengono in mente queste: Le parole e le cose, minima&moralia, Nazione Indiana, Il primo amore, Doppiozero, Nuovi Argomenti, L’Indiscreto, Poetarum Silva, Carmilla, GAMMM, Nuova Prosa, La letteratura e noi, ‘tina…
Scrivere la propria storia è solo una parte del viaggio, un viaggio che non si conclude con la pubblicazione. Se si trattasse solo di questo sarebbe un esercizio di vanità. Chi scrive perché ama la letteratura ama prima di tutto leggere le storie degli altri. Ecco perché quello di frequentare le riviste letterarie è un ottimo consiglio, a prescindere dagli esiti.